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Il
Battesimo nello Spirito Santo:
Risposte
ad alcune obiezioni |
di A. Thomas Brès
Da |
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dal numero
4 dell'anno 1950
fino al
numero 4 dell'anno 1951)
Terza parte
8. La
Pentecoste
9. Il
pensiero di Paolo sui linguaggi
10. È
necessario parlare in altre lingue?
8.
La
Pentecoste
Questa
prima costatazione ne chiama unaltra.
Il segno predetto da
Gesù, e di cui gli apostoli, senza dubbio, non
avevano alcuna idea, doveva realizzarsi dieci giorni
appresso.
Riuniti
nellalto solaio, il mattino di Pentecoste,
i centoventi ricevettero il Battesimo dello
Spirito Santo. Allora si compì immediatamente la
Parola del Signore: «Parleranno
lo lingue nuove».
Sotto
la potenza dello Spirito si misero tutti a parlare in
lingue straniere ad essi completamente sconosciute.
Erano
dei pescatori o dei poveri artigiani: come
potevano conoscere tutte le lingue menzionate
dagli Atti (2:9-10), parlate
in paesi dove nessuno di loro era mai stato?
La folla,
riunitasi al rumore, era meravigliata e non sapeva
spiegarsi ciò che avveniva: molti, non comprendendo
nulla, allora come oggi, giudicarono
preferibile beffarsi di loro e calunniarli: «Sono pieni di vin dolce!»
Dobbiamo
sottolineare che in mezzo a quelli che apparivano come
privi di ragione ai loro contemporanei, cera
lapostolo Pietro, lApostolo Giovanni, tutti i
discepoli e le sante donne, e con loro Maria, la madre di
Gesù. Dunque le persone più degne del nostro rispetto
erano là e parlavano in lingue.
Potremmo
ancora esprimerci alla leggera parlando di
unesperienza fatta da tutti gli apostoli, come
pure dalla santa Madre del nostro Salvatore?
Qui
alcuni potrebbero dire: -
Noi ammettiamo volentieri che il giorno dl Pentecoste
avvenne realmente qualche cosa di straordinario; ma
fu una cerimonia inaugurale e le inaugurazioni non si
ripetono -
Di
fronte a questa obiezione basterebbe riportarsi alle
parole di Marco 16 che abbiamo già citate;
il Signore non disse allora: «Ecco i segni che inaugurano
lattività dei miei
discepoli». Ma invece Egli dichiarò: «Questi
sono i segni che accompagneranno coloro che avranno
creduto».
Accompagnare
non significa
augurare un buon viaggio a chi parte, e poi
lasciarlo andar solo per la sua strada; ma è mettersi
al suo fianco lungo il viaggio e seguirlo ovunque
nel cammino.
I segni di cui
parla il Signore, non inaugurano, ma ACCOMPAGNANO.
Essi non furono
dati in vista di un inizio, ma per essere
continuamente in testimonianza.
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Pretendere il contrario, significa
allontanarsi dalla Parola di Gesù.
Il libro degli Atti
ce ne dà una conferma
In
Atti
10:45, il Battesimo dello
Spirito Santo viene dato a Cornelio e a quelli
della sua casa.
Gli apostoli furono sorpresi di vedere che lo
Spirito Santo veniva sparso così anche su coloro
che non erano giudei, perché i loro pregiudizi
contro i gentili erano ancora vivi.
Ma non potettero dubitare che quel Battesimo non
fosse reale, perché
li udirono parlare in lingue.
Ciò ci dimostra che ai loro occhi il
parlare in lingue era la prova tangibile del
Battesimo.
Un fatto simile ci viene
riportato un po più lontano, in Atti 19: 46.
Dodici uomini di
Efeso ricevettero lo Spirito Santo per
limposizione delle mani dellapostolo
Paolo, e ci vien detto che
essi parlarono in lingue.
Nella
sua prima
lettera ai Corinti, lo stesso
apostolo intrattiene i suoi lettori sul parlare
in lingue come di una cosa perfettamente
conosciuta ed in uso fra i cristiani.
Così,
lungi dal restar limitato a Gerusalemme e al
mattino di Pentecoste, il segno delle lingue non
cessò, secondo la promessa di Gesù, di ACCOMPAGNARE
i discepoli e di manifestarsi quando lo Spirito
Santo scendeva in risposta alle loro preghiere.
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Questi fatti non erano
considerati come anormali, ma come il contrassegno della
benedizione divina.
Era
dunque nellerrore e pericolosamente sedotta la
Chiesa primitiva, perché oggi si sostiene troppo
spesso che il parlare in lingue sia il risultato di
una seduzione?
Chi oserebbe pretenderlo?
I nostri moderni
dottori del ventesimo secolo sono forse più sapienti
e più illuminati degli apostoli e sono qualificati
per dar loro delle lezioni?
9. Il
pensiero di Paolo sui linguaggi
Tutta una polemica si è
sollevata sugli insegnamenti della prima lettera ai
Corinzi intorno ai linguaggi.
Al capitolo 14, verso 19, Paolo dichiara: «Preferisco dire cinque
parole intellegibili per istruire anche gli altri, che
dirne diecimila in altra lingua».
Molti
credono di trionfare dicendo: «Vedete
bene che lapostolo non è favorevole al parlare in
lingue e che, anzi, ne rigetta luso».
Ma
non bisognerebbe dimenticare il versetto che precede
immediatamente, e cioè (Atti 14:18): «Io ringrazio
Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi». E ancora
questaltro versetto in Atti 14:39: «Non impedite il parlare
in altre lingue».
Come
mai S. Paolo ringrazierebbe Dio di una cosa che, poi,
al rigo seguente condannerebbe come inutile e dannosa?
Come mai non solo non la proibisce, ma anzi comanda
che a nessuno sia impedito di parlare in altre lingue?
Alcuni
potrebbero pensare che cè una contraddizione negli
insegnamenti dellapostolo; ciò non è vero.
Paolo non disapprova i
linguaggi per se stessi, ma luso cattivo, cioè
labuso, di questo dono; e tra le due cose cè
una grande differenza.
Lungi dal volerlo proibire,
egli lo pone in due riprese nellelenco da lui
formulato dei doni e dei ministeri (1ª Cor. 12:7-11 e 27-30); in questi versetti,
lapostolo ispirato pone
il parlare in lingue come un ministerio della Chiesa pari
a quello di evangelista e di dottore; è come un dono,
pari a quello della sapienza, della conoscenza, della
guarigione.
È
vero che questo dono appare alla fine dellelenco,
ma limportante per noi è che ci sia.
Quando viene pubblicato
il risultato di un esame, lessenziale per il
candidato non è il posto che occupa nellelenco,
perché per lui è la stessa cosa figurare al principio o
alla fine.
Daltra parte non stiamo
discutendo in questo momento il valore più o
meno grande del parlare in lingue in rapporto
agli altri doni, senza dubbio più importanti; ma
affermiamo che anche
questo è un dono riconosciuto dalla Parola di
Dio.
Se viene
rigettato, viene rigettato un dono dello Spirito;
se la sua manifestazione viene impedita, viene
impedita lopera dello Spirito. |
È evidente
che il parlare in lingue sollevò già ai tempi di
Paolo le stesse difficoltà che solleva oggi e si
vede chiaramente che egli mette in guardia i Corinti
da due errori:
il
primo:
di proibire
di parlare in lingue;
il
secondo: di
abusare di questo
dono facendone un uso smoderato.
A quelli che lo criticano e che
vorrebbero rigettarlo, lapostolo oppone la sua
certezza non solo di possederlo, ma di averlo
in abbondanza.
Egli
dà anche questo avvertimento: «Non
impedite il parlare in altre lingue».
Stabilito
lequilibrio, torna
a parlare di coloro che accordano una troppo
grande importanza a questo dono:
deve essere esercitato con
sapienza e moderazione;
deve essere limitato, in maniera precisa, al
più a due o tre manifestazioni in ogni culto,
e solo nel caso che vi sia chi interpreti,
cioè qualcuno che abbia ricevuto e che
eserciti il dono complementare
dellinterpretazione, dono che figura
nellelenco dei doni di cui abbiamo
parlato sopra.
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Ognuno deve poter
comprendere nella Chiesa ciò che lo Spirito dice a tutti:
è in questo senso che lapostolo dichiara: «Nella
chiesa preferisco dire cinque parole intellegibili per
istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra
lingua».
Ci
si domanderà: «Se Paolo limita
così il dono, come mai tale dono poteva manifestarsi
in lui con tanta abbondanza?»
Noi pensiamo che
lapostolo, quando era solo con Dio,
nellintimità della sua cameretta, usava
senza timore del suo dono, come fanno molti
credenti di nostra conoscenza che, osservando
scrupolosamente la regola stabilita per le
riunioni di chiesa, ricevono le grazie più
grandi nel privato, dalla lode e dalla preghiera
in lingue.
10. È
necessario parlare in altre lingue?
Molti
senza dubbio penseranno: «Non
vedo a che cosa servirebbe il parlare in lingue; mi
è sufficiente la mia lingua per rivolgermi a Dio!»
Rispondiamo
che lesperienza è il mezzo più efficace per
cambiare idea su questo argomento: quando ci troviamo a
spiegare queste cose con lintelligenza, esse ci
sembrano incomprensibili, quasi irreali; quando
poi le viviamo, ci si apre davanti un nuovo mondo di luce.
Luomo che riceve il
Battesimo nello Spirito Santo prova un
sentimento della presenza di Dio, come mai prima;
egli Lo sente vicinissimo, tanto vicino da
toccarLo. Delle volte gusta una visione
ineffabile; gli sembra di essere circonfuso dalla
Gloria divina; sente il suo cuore come dilatarsi
e gli diviene impossibile manifestare la gioia
che prova interiormente.
Vorrebbe raccontare a tutti la sua felicità, la
grida forte, cerca delle parole per esprimerla;
ma non trova le parole adatte.
Tutte quelle che conosceva e che usava prima, ora
gli sembrano diventate assolutamente
insufficienti. Non può tradurre ciò che sente e
tuttavia deve parlare, perché, se non parlasse,
qualche cosa scoppierebbe in lui. |
Dobbiamo
essere meravigliati di questo bisogno? Non lo
constatiamo in tutti gli uomini allorché provano
unemozione un po viva?
Luomo emozionato
parla, qualche volta, senza sapere troppo ciò che dice,
ma è incapace di dominarsi.
È
una legge della natura umana questa necessità di
estrinsecare i propri sentimenti. Ci sembra di soffocare
se, ad un dato momento, non abbiamo la possibilità di
fare sgorgare fuori ciò che ci riempie il cuore.
Questa constatazione
semplicissima ci spiega, in una certa misura,
quello che succede quando un uomo è pieno della
potenza dello Spirito Santo.
È una cosa
meravigliosa e nello stesso tempo indicibile!
Nel momento in cui è
battezzato viene tutto preso dal desiderio di
esprimersi e dallimpossibilità di farlo.
Allora si produce il fenomeno del parlare in
lingue come uno sfogo necessario, indispensabile.
Così il vapore
sprizza fuori allorché la pressione arriva a un
certo grado. |
Le lingue sono
il frutto di un cuore troppo pieno, traboccante di
Spirito Santo.
Il
Battesimo nello Spirito Santo non
è unesperienza limitata ad un solo momento
della nostra vita, ma una
grazia vivente che si rinnova e le cui conseguenze
non cessano di svilupparsi;
perciò si ripete anche il parlare in lingue.
Una
sorgente si è aperta nel cuore, e questa
sorgente continua a sgorgare, purché non venga
ostruita dalle inquietudini o dal peccato.
È
perciò naturale che il credente, ripieno dello
Spirito Santo, quando si trova particolarmente in
contatto col suo Dio e realizza la Sua Presenza,
parli di nuovo in lingue.
Talora
può avere una rivelazione nettissima di ciò che dice;
talaltra lignora; ma sa sempre che loda Iddio
e la sua anima è nella gioia mentre lascia sgorgare
tutte quelle parole che intuisce piene di unintensa
adorazione.
Bisogna, però, saper fare
una certa distinzione tra il parlare in lingue,
che è il segno del Battesimo nello Spirito
Santo ed un prezioso mezzo per il
credente battezzato per adorare il suo Dio
nellintimità e quello che può
chiamarsi in modo particolare il dono delle
lingue, cioè la possibilità di ricevere
dallo Spirito, in una lingua sconosciuta,
avvertimenti, esortazioni, consolazioni destinate
alla Chiesa e che saranno
interpretate dai detentori di un altro dono
chiamato il dono dinterpretazione. |
È a
questo proposito che lapostolo, come abbiamo
già visto, raccomanda che due o tre al più parlino,
a condizione che ci sia qualcuno che interpreti, e
cioè altri credenti che abbiano ugualmente ricevuto
da Dio il dono dinterpretare questi linguaggi
misteriosi.
Molto
spesso si tratta effettivamente di una lingua
sconosciuta a tutti i presenti e il cui senso
deve essere spiegato da una rivelazione divina.
Ma
può anche avvenire, come nel giorno della
Pentecoste, che lo Spirito si esprima con lingue
straniere sconosciute a coloro che le parlano, ma
note a molti che stanno nelladunanza.
Conosciamo dei
casi in cui degli ascoltatori, testimoni di
queste manifestazioni, sono stati talmente
colpiti nel sentire che una persona parlava
benissimo la loro lingua, senza conoscerla
affatto, esprimendo cose magnifiche di Dio,
che si sono convertite di fronte a tale
prodigio.
(v. per esempio
larticolo "Tutti
parlavano ebraico"
su questo stesso sito)
Molto
ci sarebbe ancora da dire intorno a questo soggetto tanto
ignorato; ma noi dobbiamo, almeno per ora, lasciarlo da
parte dovendo parlare non dei doni spirituali, ma del
Battesimo dello Spirito Santo.
Ci
basta laver stabilito che il parlare in lingue
annunziato da Gesù, conosciuto e praticato nella Chiesa
primitiva, oggetto di un insegnamento apostolico, non
può essere respinto da chi intende ricevere tutta la
Parola di Dio, senza sopprimere ciò che non piace.
A. Thomas Brès
(continua)
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